Ghemon all’attacco dei meccanismi dell’industria discografica. Il ritiro momentaneo di Sangiovanni lascia lo spazio alle riflessioni tra i suoi colleghi. “Nessuno parla per paura di ritorsioni, per non passare come quelli frustrati che non hanno un pezzo della torta o peggio ancora a venire esclusi”, ha scritto il rapper in un lungo post Instagram. “Ho sempre preferito sorvolare o incassare con stile. Ho molto rimandato, pensando a come sarei passato se avessi scritto una cosa così. Mi va bene passare per qualsiasi cosa tranne che per quello che non ha parlato quando era il momento”.
L’industria musicale
Le affermazioni di Ghemon (al secolo Giovanni Luca Picariello) sono incisive, forti: “Abbiamo bisogno dei dischi di un altro Tenco, non del suo tragico finale. Lo dico perché magari potevo essere io se non avessi tenuto botta”. Poi esprime il suo pensiero sul mondo dell’industria discografica: “L’industria musicale attuale promuove un modo di pensare ed agire inquinato dal culto dei numeri e dei sold out che sta determinando più danni di quelli che il pubblico può vedere. Risultati che nascondono un mondo di bugie e false aspettative in cui, purtroppo a rimetterci, sono un sacco di ragazzi”.
Un successo a tutti i costi
E infine, il cantante avellinese parla degli effetti che un ‘successo’ a tutti i costi delle etichette nella musica possono essere deleteri. “Sistematiche sono pratiche e frasi volte a smontare, se non a distruggere, l’autostima dell’artista per poterlo ridurre a materia senza certezze e perciò più plasmabile”, sottolinea il rapper. “Spesso si tratta di ragazzi giovanissimi che non sono strutturati per tenere botta a certi colpi. Secondo la società delle performance, l’unico modo per resistere e stare al gioco è indossare l’abito che è stato scelto per tutti, perché quello funziona già. Ed ecco che sacrifichi la tua identità: l’uniformità rassicura il cliente ed il conto economico”.