Meg: “La diversità si protegge”

“I social ci offrono modelli tossici di perfezione e performance”.

Meg: “La diversità si protegge”Meg: “La diversità si protegge”
Lifestyle

Maria Di Donna, in arte Meg, voce e autrice femminile dei 99 Posse oggi solista, parla della sua esperienza di vita in relazione al mondo della musica e di quanto sia importante difendere la diversità. Icona della musica alternativa italiana, strettamente legata ai centri sociali, a Vanity Fair la cantante si confronta anche con il mondo dei social che, nota, “offrono modelli tossici di perfezione e performance”.

Diversità da proteggere

“Vengo dalla zona vesuviana, da un paese piccolissimo. Al liceo già ero una freak, compravo vestiti usati ai mercatini, scrivevo i testi delle canzoni sui jeans e godevo quando i professori mi riprendevano per questo”, racconta Meg. “Ma a salvarmi furono le prime, vere amicizie con i ‘simili’: altri freak, non ero più sola. Fare rete è stata sempre la risposta giusta”. Essere alternativi è un gusto che si è perso anche nella musica, secondo l’artista. “Prima c’era un underground, e funzionava. Sarà che i generi che si erano sviluppati allora, dal crossover al trip-hop, erano tutti contaminati per definizione, quindi anche chi li frequentava era più portato ad andare oltre certi pregiudizi o confini. È anche la mia mentalità”. Oggi essere alternativi, invece, è “ragionare con la propria testa. Ed essere empatici. Mi guardo intorno e vedo un mondo che ha perso il senso di ospitalità e ascolto verso il prossimo”.

Social e modelli tossici

“Leggevo che più della metà dei commenti sono, in realtà, d’odio, e me lo spiego solo tramite una realtà che ci mette gli uni contro gli altri. O, se va bene, in competizione”, spiega Meg sull’influenza negativa dei social. “I social sono questa cosa qui: prosperano dei modelli tossici di perfezione e performance, a noi non resta che adeguarci, trovandoci chiaramente a soffrire, perché non siamo e non saremo mai all’altezza. Tutto si misura in numeri”. Anche il successo, nota la cantante, si misura ormai in follower. “I social ci hanno fatto credere che la cosa più importante sia essere ‘famosi’, avere migliaia di contatti, indipendentemente dal proprio mestiere. Ecco, questo ho imparato: che la fama non serve a niente, crea solo un assordante rumore di fondo; il successo di una persona, credo, si vede dai momenti per sé che riesce a ricavare. In me ho costruito delle oasi di silenzio: è lì che sto bene, quando posso”.

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