Belle le serie che fondono apocalissi, fantascienza, supereroi, super grotesque, mega thriller e musical ibridi tra Mary Poppins e Flash Dance! Ne cercavo una, per l’appunto, e sono inciampata in The Umbrella Academy, su Netflix. Allora perché non guardarla? Soprattutto adesso che si è conclusa e che, quindi, alla fine viene svelato il vero senso della storia! No. Beh, per lo meno capiremo tutto di come è cominciato e del perché! Nemmeno. Allora avremmo quantomeno la gioia di un finale che rimane nel cuore! Sicuramente qualcosa ci rimarrà, adesso che sia nel cuore, nello stomaco, nella milza o sotto le unghie come gli impasti della pasta all’uovo poco importa. Andiamo, piuttosto, a vedere insieme perché un giorno d’ottobre cambia tutto nella vita non solo di sette bambini che vengono adottati dal bizzarro Reginald Hargreeves ma in quella di tutti, dell’intero pianeta e di ogni linea temporale possibile e impossibile. Tratto da un fumetto (lo sapevate?) di Gerard Way, frontman dei My Chemical Romance e edito dalla Dark House, The Umbrella Academy non parla certo di un’accademia di arrotini che aggiustano ombrelli, ma dell’effetto ombrello. Che cos’è? Ecco… cerchiamo di arrivarci.
Una famiglia quasi norm… no
La storia comincia con la voce di Sir. Reginald Hargreeves, ricchissimo uomo di una certa età, con pizzetto e monocolo incorporato, che racconta come “la dodicesima ora del primo giorno di ottobre 1989, quarantatré donne partorirono nel mondo. Nessuna di loro però era incinta all’inizio della giornata”. Ad ogni modo, tralasciando il perché e il per come queste donne avrebbero potuto mai partorire così all’improvviso, ci viene fatto sapere che Sir. Hargreeves ha deciso di adottare sette di questi bambini speciali nati in luoghi diversi del mondo e di farli vivere con lui in un mega palazzo stile barocco per addestrarli. A fare che? Ma a fare i supereroi sotto il nome di The Umbrella Academy. Ma tutti gli altri? Non erano quarantatré i bambini? Chisseneimporta. Comunque Sir. Hargreeves vuole così bene a questi bambini che manco gli dà un nome ma li chiama per numero. Alla fine, necessità fa virtù, a questi poveretti i nomi glieli dà la Mamma-robot, tranne a uno, Cinque, che si perde pure nello spazio-tempo in un luogo post-apocalittico e che per anni non riesce a tornare. Ma andiamo per gradi. C’è Uno, Luther, super forte ma tormentato dal suo aspetto semi-scimmiesco, che è stato mandato dal padre adottivo a vivere sulla Luna, scopriremo per nessun motivo in particolare. Così, della serie dove potrei partire per un anno sabatico? Mah, sulla Luna. Poi c’è Due, Diego, che soffre di coltello-mania: con i coltelli fa proprio tutto, oltre ad avere una mira sempre e comunque perfetta per la sua capacità di piegare la traiettoria della materia o qualcosa del genere. Numero Tre è Allison, che con le sue “voci” riesce a far fare alle persone qualsiasi cosa, solo parlando, persino farsi scoppiare la testa. Quattro è Klaus, un allegro tossico che si venderebbe pure la madre se ne avesse una che non fosse un robot, pur di farsi una dose. Perché? Beh, per evitare di rimanere in contatto con la realtà in cui i fantasmi gli parlano e cercano di usare il suo corpo come tramite per il mondo dei vivi. Ah, Klaus non può nemmeno morire, non del tutto: anche se gli sparano, la sua morte è temporanea. C’è Cinque che, niente, rimane solo Cinque fino alla quarta stagione: molto intelligente, un vero cervellone, è capace di piegare lo spazio e il tempo e di muoversi tra dimensioni ed epoche. Nel tentativo di viaggiare nel tempo, però, si perde per quarantacinque anni in un futuro apocalittico dove esiste solo lui e la donna che amerà per sempre: un manichino di nome Dolores. Lui ha vissuto praticamente quasi tutta la sua vita lontano in mezzo alle macerie… come abbia fatto a sopravvivere in un mondo senza nulla, cibo, acqua, elettricità, case, ecc. non è rilevante. Accontentiamoci del fatto che sia vivo e che, boh, forse le macerie possono diventare facilmente commestibili in una situazione di post-apocalisse. Comunque nella prima stagione riesce a tornare all’Umbrella Academy dalla sua famiglia ma lo fa nei panni di un tredicenne. Nel frattempo è perseguitato dalla Commissione, una specie di organizzazione incrocio da CIA, FBI e i Predatori del Tempo. Poi c’è Sei, Ben, che all’inizio sappiamo solo che è morto in una missione. Perché? A detta di Sir. Hargreeves, per colpa di tutti gli altri numeri. Ah, appare anche sotto forma di fantasma a Klaus. Sette, Vania, è invece l’eterna esclusa. Suo padre adottivo, già infamissimo con tutti gli altri, con lei se possibile lo è ancora di più: la tiene in disparte, la convince che non ha poteri di nessun tipo e già che ci si trova la rinchiude in una stanza sotterranea blindata lontano da tutti. Insomma una famigliola felicemente impegnata a covare odio comune per Sir. Hargreeves che, allo stesso modo, cova odio e disprezzo un po’ per tutto. Tra le cose apprezzabili c’è il fatto che anche ciascuno dei membri dell’Umbrella Academy non si può vedere, più o meno: Luther ha una cotta per Allison e questo si capisce da subito ma per il resto il disastro è alle porte sempre e comunque. Ah, non dimentichiamoci di Pogo, il maggiordomo-scimmia parlante in casa Hargreeves. Così, per dire. Ad ogni modo c’è qualcosa che accomuna visceralmente i membri dell’Umbrella Academy: le Apocalissi.
Ogni stagione un’Apocalisse nuova
Un’Apocalisse al giorno toglie il medico di torno, basta mele. O anche l’Apocalisse è dietro l’angolo. O ancora, trentatré Apocalissi entrarono a Trento tutte e trentatré trotterellando. Fatto sta che come la metti e la giri, l’Apocalisse in The Umbrella Academy è una super protagonista ingombrante e onnipresente. Accada quel che accada il mondo finirà. E ogni volta sono sempre i fratelli Hargreeves a doverci pensare… non fosse che queste Apocalissi sono proprio loro a crearle. Nella prima stagione Vania con il suo violino, dopo aver scoperto di avere enormi poteri che Sir. Hargreeves cercava di tenerle nascosti, ha fatto un gran macello, facendo esplodere la Luna con la conseguenza che un grosso meteorite ha distrutto la Terra nel 1° aprile 2019. Le persone di tutto il pianeta sono state disintegrate nel giro di pochi minuti, mentre i sei fratelli rimasti dell’Umbrella Academy sono sopravvissuti, trasportati da Cinque in un’altra linea temporale. Tutti sono stati sbalzati nel passato in diversi luoghi d’America del 1963. Cinque, al solito, si trova nel mezzo di un’altra tragedia: missili nucleari stanno per distruggere tutto creando un olocausto nucleare. Così, al solito, cerca di trovare un modo per sventare la tragedia e avvisare gli altri… solo che li deve trovare. Diego si trova ricoverato in un manicomio perché, determinato a sventare l’assassinio di Kennedy, ha gridato la faccenda ai quattro venti. In compenso lì conosce Lila, figlia della Handler che fa parte delle alte sfere della Commisione/Predatori del Tempo che perseguita Cinque. Che macello. Comunque Vania è finita in una fattoria, senza ricordi, accolta da una famiglia con un bambino. Klaus si è trasformato in una specie di santone a capo di una setta, mentre Allison si è fatta una famiglia, con marito e figlia e lavora come attivista per i diritti dei neri. Luther partecipa a incontri clandestini di pugilato per guadagnarsi da vivere. In tutte queste dinamiche, tra il confuso e il grottesco, l’assassinio di Kennedy non viene sventato, Sir. Hargreeves rivela di essere un alieno e si scopre che Lila non è davvero figlia della Handler ma da lei adottata: faceva parte dei quarantatré bambini nati con superpoteri. Insomma un vero macello che si risolve in un super conflitto armato, tra poteri, imprecazioni e spari vari. Ma l’Apocalisse nucleare? Niente, se l’Umbrella Academy abbandona quella linea temporale tutto dovrebbe andare bene. Infatti, alla fine di tutto, la Commissione, ora presieduta ad interim da un altro tizio, permette ai fratelli Hargreeves di tornare nel 2019. Lì però si scopre che Sir. Hargreeves, che insomma ne ha combinate un po’ di tutti i colori, ha pure fondato una nuova accademia: la Sparrow Academy. E qui ci si prepara all’Apocalisse della terza stagione. Dopo il deludente incontro del 1963 Sir. Hargreeves nella nuova linea temporale ha deciso di adottare altri sette bambini, pure questi con superpoteri, ma apparentemente più organizzati. Il succo della questione è che i veri Umbrella se la prendono con gli Sparrow, per poi creare curiose alleanze per sventare l’Apocalisse imminente per colpa di una palla di luce, la kugelblitz. Inutile spiegare anche qui i perché e i per come: ci sarà un curioso labirinto spazio-tempo, insieme a guerrieri samurai super potenziati che affettano tutto quello che gli passa davanti, amori curiosi, matrimoni, addii, Vania che diventa Viktor e ancora alieni vari. Ma soprattutto ci sarà sempre Cinque che alla fine si trova a dover sbrogliare intricati schemi di coordinate e bla, bla, bla. Insomma, Allison preme un tasto, l’Apocalisse non coinvolge nessuno di loro ma tutti vengono catapultati in una nuova linea temporale dove non hanno più i poteri. Ah, pure in questa stagione che Reginald Hargreeves sia un alieno è accertato e vediamo pure sua moglie che alla fine di tutto gli stringe teneramente la mano. Siamo arrivati alla quarta e ultima Apocalisse, che comunque è già un bel numero visto quella faccenda che l’Apocalisse mette fine a tutto già dalla prima volta di solito. Insomma, quarta stagione, i poteri vengono recuperati da tutti perché il Ben della Sparrow Academy (che però è anche il loro… tipo jolly che dove lo metti sta) fa bere a tutti la Marygold che, se non l’abbiamo detto diciamolo, è la sostanza che ha dato superpoteri a ciascuno dei membri della Umbrella Academy. Ora, in un marasma confuso di spoiler sulle varie cose accadute in precedenza, il succo della questione è che l’Apocalisse ha un nome nella quarta stagione: la Catarsi. Cos’è? Una fusione di Ben Sparrow-Umbrella con una tizia, certa Jennifer, che incontra nella nuova linea spazio-tempo. Perché? Perché Ben è pieno di Marygold e la tizia è piena di Durango e le due sostanze insieme… vi siete persi? Un pochino io sì, ma facciamo un piccolo sunto. Abigail, moglie aliena dell’alieno Reginald Hargreeves, aveva creato la Marigold che però come effetto collaterale ha creato un patatrac. Per dirla con le parole di Cinque nel suo spiegone finale: “La Marygold che ha infettato le nostre madri e che ci ha fatto nascere, ha avuto un effetto indesiderato: ha distrutto la linea temporale che si è spezzata in infinite linee temporali alternative che adesso si stanno fondendo tra di loro […] Siamo noi la causa dell’Apocalisse”. Quindi qual è l’unico modo per sventare l’Apocalisse? Tornare alla linea temporale originale grazie alla Catarsi… cioè una specie di mega-mostro gigante nato dalla fusione di Ben e Jennifer. Sempre con le parole di Cinque: “Dobbiamo lasciare che la Marygold nei nostri corpi si fonda con la Durango dentro la Catarsi”. E quindi? Arriviamo al nostro finale non finale che comunque è meglio di nulla.
Finale non finale
“La dodicesima ora del primo giorno di ottobre 1989, quarantatré donne partorirono nel mondo. Nessuna di loro però era incinta all’inizio della giornata”. Alla fine della storia, ci troviamo che è estate, la voce è sempre quella di Reginald Hargreeves che ci dice che “nella dodicesima ora dell’8 agosto 2024 non successe nulla di insolito. Fu semplicemente un giorno normale”. Uhm… a parte che come facciamo ad essere già nel 2024 se la linea temporale è quella originale? Che fine hanno fatto tutti i membri dell’Umbrella Academy? Niente, si sono fusi con la Durango nella Catarsi e non solo hanno cessato di esistere in tutte le linee temporali ma, in generale, per sempre. Ma come? Per quattro stagioni di andirivieni temporali, complotti, alieni, catastrofi, palle di luce pericolosissime, scimmie parlanti e mamme-robot abbiamo cercato di capire il perché e…?
Il perché è che non è successo nulla. Tutto un errore di valutazione. Eh sì, è come quando al posto dello zucchero nella torta ci metti il sale ed esce fuori un soufflé. Insomma se vi siete sciorinati puntate su puntate alla ricerca di un senso guardate che non ce n’è tantissimo. Gli eroi nelle storie capita che muoiano (vedi Iron Man), ma qui addirittura non sono mai esistiti. E che ne sarà del mondo dopo senza i membri dell’Umbrella Academy? Boh, sembra che senza Apocalissi, alla fine, non ci sia molto da raccontare. E allora Sir. Hargreeves e tutte quelle storie su alieni, ecc.? Tutto si chiude nelle parole sentite e piene d’amore di Klaus mentre in cerchio con gli altri si fa assorbire dalla Catarsi: “Vi voglio bene ragazzi… anche se siete tutti dei co*****i”. Che poi, visti alla fine, tutti avvolti in questa specie di magma-gelatinoso che è la Catarsi il parallelo con i Barbapapà è un attimo. Che The Umbrella Academy sia il prequel segreto delle famosissime creature a forma di pera gelatinosa? E con questa riflessione profonda come il buco lasciato dal finale non finito o troppo finito, se volete, ci ritroviamo alla prossima serie. Forse. A meno che non venga fuori che questa è una delle tante linee temporali incasinate e allora non ci saranno più serie di cui parlare… che, poi, mica male.