Robbie Williams è atteso in Piazza del Plebiscito a Napoli come guest star della finalissima di X Factor. In una intervista rilasciata a Vanity Fair ha ammesso le sue difficoltà nel mantenere un comportamento monogamo in passato. Quando all’artista è stato chiesto quale sia stata la scommessa più grande della sua vita, non ha avuto dubbi: “Sposare mia moglie. Non riuscivo a tenere il mio pene nei pantaloni, e lo sapevo. Sposarmi serviva più o meno ad abbracciare uno stile di vita monogamo. E sapevo anche che avrei potuto perdere metà di tutto ciò che avevo guadagnato. Ecco perché, in termini concreti, è stata quella la scommessa più grande“.
Le dinamiche di gruppo
L’artista a gennaio sbarcherà al cinema con Better Man il film sulla sua vita diretto da Michael Gracey. Nel corso degli anni si è pensato che fosse stato lui a lasciare i Take That, mentre nel film si racconta che fu accompagnato alla porta: “Tutta la parte sui Take That potrebbe essere un film a sé. Non ci sono veri cattivi nella band. Eravamo solo ragazzi che cercavano di capire chi fossero, immersi in un ambiente tossico ed estremo. Qualcuno mi ha detto che in Italia si pensava che volessi diventare il cantante principale della band. È così? Non è vero”.
“Ho lasciato la band, e le ragazze erano tristi, tutto qui. Ma sì, mi ha colpito sapere che in Italia si pensava fossi io il cattivo. Però va bene così. Non mi disturba. A volte è più interessante essere il cattivo. È così che funzionano le band: chi scrive guadagna di più. È una regola chiara. Ma inevitabilmente questo crea tensioni, soprattutto quando vedi Gary vivere in una villa mentre tu stai ancora nel quartiere dove sei cresciuto. All’epoca pensavo: “Anche io mi faccio in quattro, perché non ho un maggiordomo?”. Oggi, con tutto quello che ho avuto dalla vita, riesco a essere più pragmatico“.
Il costo della fama
La fama e il successo hanno avuto un costo notevole sulla sua vita personale e sulla sua salute mentale. E dopo il suo ingresso nei Take That, Robbie Williams ha iniziato a soffrire di depressione e sono iniziate le dipendenze da alcol e droghe. L’artista ha spiegato che nessuno si preoccupava: “Credo che, all’epoca, in nessun settore ci fosse la giusta attenzione alla salute mentale, men che meno nell’intrattenimento. Oggi le cose sono cambiate. Chi era al comando negli anni ’70, ’80 o ’90 non sapeva come affrontare certi problemi. Non possiamo biasimarli per ciò che non conoscevano. Non sapevano che le pressioni esterne possono farti crollare psicologicamente. Ora abbiamo più consapevolezza e possiamo agire di conseguenza. In Italia non so quanto sia socialmente accettato parlarne, ma nel Regno Unito e in America puoi dire: “Non sto bene mentalmente”, senza essere criticato o subire vergogna.”