Povere creature!, con il punto esclamativo a dare quel giusto senso di esasperazione, è un allegro incrocio tra Frankenstein, l’Isola del Dottor Moreau, Freaks e un pizzico di Tinto Brass, tutto mescolato con un po’ di riprese stile quadri di Escher che non guasta… oppure sì. Aggiungete 100 grammi di colonna sonora dissonante, un cucchiaio di stranezze, tipo cavalli impagliati su carrozze a motore, sparse qui e lì e, infine (ma non per questo meno importante), sfumate tutto con il vino bianco. Anzi, no: meglio con la vodka. Quella che vi avanza, bevetela pure, nel caso vogliate annegare il film nell’alcol. Tratto dal romanzo omonimo di Alasdair Gray, il film è diretto da quel burlone di Yorgos Lanthimos, di origini greche, ed è un chiaro… cioè è davvero… insomma, in un’intervista il regista ha dichiarato di “Non saperlo definire”. Cerchiamo allora di capire di che si tratta e, per dare una mano (ma anche una spalla, una gamba, un gomito), andiamo ad analizzare i punti salienti.
Porco-gallina, capra-cane, cane-gallo
In un qualsiasi parco: “Che bello il tuo cane-gallo! Che razza è?”. Risposta: “È un carlino-cedrone”.
Vi immaginate la bellezza? È quello che si trova nel giardino della villa-laboratorio di Godwin Baxter, autoproclamatosi modestissimamente “God”, interpretato da Willelm Dafoe. God ha avuto un’infanzia meravigliosa: il padre, medico visionario, gli ha asportato varie parti dal corpo per vedere a cosa servissero, gli ha marchiato i testicoli (un tentativo di codice a barre primitivo?) e tagliuzzato la faccia ricucendola con lo stesso gusto di una trapunta fatta di magliette. God è rimasto così estasiato dal suo passato che pure lui si diletta così, a cucire animali e scambiare cervelli. Trova questa donna dai capelli lunghissimi, incinta, che si è appena gettata da un ponte e, perché no, asporta il cervello del bambino e lo trapianta nel suo cranio. Felice come una pasqua la battezza pure Bella, interpretata da Emma Stone. Non la fa uscire mai di casa, anche perché ha la coordinazione di un grillo ubriaco, però le mette accanto un osservatore, Max McCandles, studente di medicina, per registrare i suoi progressi.
McCandles, da buon intenditore, si innamora e se la vuole pure sposare, ma c’è una condizione: God vivrà con loro e Bella non si allontanerà mai da sola. “Galeotto fu il contratto e chi lo scrisse”, entra in scena Duncan Wedderburn che, anche se interpretato da Mark Ruffalo, non diventa verde quando si arrabbia ma ubriaco. Duncan redige il contratto ma poi si porta Bella in giro per mezzo mondo, facendosela a più riprese in tutte le posizioni. Il promesso sposo (o prosposo messo per restare nel tema dell’assurdo) Mc Candles, acutissimo, si chiede a più riprese se Bella sia stata deflorata e gli sovviene il dubbio insieme “all’eterno e alle morte stagioni e la presente e viva”.
Ad ogni modo, tra un “furioso sobbalzo” e l’altro, Bella scopre un sacco di cose: come rapinare un uomo, come lavorare in un bordello, come farsi quasi ammazzare, come diventare povera, come diventare creatura e pure come diventare “!”.
Bella! Bella? Bella…
Perdonate la punteggiatura ma pare una roba importante e l’unica cosa davvero solida di Povere creature! Che poi la punteggiatura ci permette di dividere il film in tre fasi pazzesche che ci raccontano la storia di Bella, protagonista di questo… beh, vediamo le fasi.
Bella! Rappresenta il chiaro momento dell’eureka, quando, perché no, finalmente riusciamo a mettere il cervello di un neonato nel cranio di una donna morta. Bella? Ci lascia giustamente perplessi, al dì là delle spalline abnormi dei suoi vestiti (che, dove-li-ha-trovati li-porta-solo-lei), per la scelta di una felice carriera nei bordelli. E Bella… la fase del “perché vai a casa di quel tipo inquietante guarda che vuole farti fuori” e poi, “com’è che metti il cervello di una capra nel suo corpo, allora non era meglio salvare God”. Insomma le fasi sono importanti ma bisogna pure dare spazio a quello che succede nel mezzo. Indubbiamente qualcosa, che può non quadrare ma chi se ne importa?
Ah, Lanthimos, Lanthimos… le tue creature le chiami Povere!, che è la parola giusta. Noi spettatori, se sei d’accordo, siamo l’evoluzione di quelle creature: ci potresti ribattezzare Disgraziati! Quindi, tornando al titolo iniziale (che poi, potrebbe essere un’idea interessante per un prossimo remake-sequel-prequel): Povere creature! Ma, soprattutto… Poveri noi!