Lo scorso 31 ottobre, Nunzia De Girolamo, ha ospitato nello studio di Avanti Popolo, in onda su Rai3, la ragazza vittima dello stupro di Palermo. All’intervista è seguita una nota di richiamo della Commissione Pari Opportunità e del Sindacato dei Giornalisti della Rai. L’ondata di sdegno, tuttavia, si è propagata ben oltre gli studi televisivi: quasi 300 tra giornaliste, intellettuali, scrittrici, attiviste, sopravvissute e portavoce di spazi politici di tutta Italia hanno firmato una lettera indirizzata alla presidente Rai Marinella Soldi e ad Agcom.
Il contenuto della lettera
“Riteniamo che la modalità di intervista incalzante nei confronti della sopravvissuta e la conduzione adottate da De Girolamo rappresentino un esempio inaccettabile di pornografia del dolore. Ci troviamo quindi a constatare che, ancora una volta, su una rete del servizio pubblico la violenza di genere è stata declinata a tema da salotto e opinione, ignorando le policy di genere approvate dal CdA Rai, le linee guida del Manifesto di Venezia e del contratto giornalistico, nonché le voci di associazioni, movimenti e sopravvissute”.
La richiesta formalmente esposta è che:
“i vertici dell’azienda – in vista del 25 Novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – prendano posizione sull’accaduto e si assumano la responsabilità di una gestione dell’informazione e del servizio pubblico adeguata al ruolo informativo, culturale e sociale della Rai”.
Cosa è accaduto durante l’intervista
Nello studio di Avanti Popolo, Nunzia De Girolamo non ha risparmiato dettagli dolorosi e personali sulla condizione della ragazza vittima di stupro. Un excursus sul passato travagliato della giovane ha preceduto, infatti, domande specifiche sulla notte del 7 luglio 2023 (la notte dello stupro), sui ricordi che la ragazza conservava, sulle sue notti insonni, sul dolore. Sono seguiti messaggi di odio dai social, in bella mostra sul grande schermo e, ancora, le dichiarazioni di alcuni palermitani e palermitane intervistati per le vie della città, a volto coperto. L’intervista è stata condotta attraverso domande incalzanti: il trauma percepito dalla vittima rispetto la vicenda, i contenuti di quella notte di violenza, sono stati divulgati agli spettatori senza risparmiare dettagli. Senza, in effetti, alcuna premura per un episodio di portata così ingombrante, non solo dal punto di vista personale ma anche sociale.
La polemica che è seguita, principalmente, deriva infatti dalla spettacolarizzazione del dolore, dal tentativo maldestro di creare una forzata empatia, dalla ricerca di ferite da mostrare ed aprire di nuovo, ancora e ancora.
Fonte: La Repubblica