Andrea Belfiore: “Da bambino ero un disastro”

"Se fossi nato negli USA mi avrebbero prescritto qualcosa per farmi stare buono".

Andrea Belfiore: "Da bambino ero un disastro".Andrea Belfiore: "Da bambino ero un disastro".
Pechino Express

Andrea Belfiore, vincitore di Pechino Express 2023 e ideatore del format Pasta Making Party, che riunisce la gente in una location prestabilita, per stendere pasta e assaggiare sughi, racconta di quando era bambino: “Ero un disastro: fossi nato negli Stati Uniti mi avrebbero sicuramente prescritto qualcosa per farmi stare buono, visto che ero profondamente iperattivo“. Lo chef ha raccontato del suo passato a Vanityfair, in un’intervista dove le sue due passioni, la cucina e la musica, vengono al primo posto.

Dalle Marche agli Stati Uniti

Il vincitore di Pechino Express 2023, cresciuto nelle Marche con madre e nonna, si è successivamente trasferito negli Stati Uniti per rincorrere il sogno di suonare la batteria. “Mi sono messo in testa di entrare al Berklee College of Music di Boston, in America, così mi sono dato da fare per vincere una borsa di studio che, alla fine, ho ottenuto con grande emozione e incredulità dei miei“.

Tuttavia arrivare negli Stati Uniti e adattarsi non è stato facile: “Non parlavo una parola di inglese, ma ogni giorno fantasticavo di diventare il batterista più bravo del mondo. Pian piano mi sono ambientato, ho iniziato a fare amicizia e ho trovato la mia dimensione suonando con diverse band fino a quando non mi sono trasferito a New York, dove facevo le 4 del mattino per partecipare a tutte le jam sessions che trovavo“.

L’amore per la cucina

A 30 anni avevo alle spalle concerti, ore e ore in studio di registrazione e diverse band, ma non bastava. Mi sono chiesto che cosa stessi facendo della mia vita, allora ho deciso di dedicarmi all’altro grande amore della mia infanzia: la cucina. Nel 2017 sono rimasto bloccato 3 giorni con due scienziate italiane in un appartamento a Washington Square per via di una tempesta e, complice le valigie di cibo arrivate dall’Italia tra polenta, funghi porcini e il resto, ci siamo messi a cucinare: non avevo mai fatto i tortelli a mano in vita mia, ma ho imparato in quell’occasione ricordandomi come li faceva mia nonna“.

Pasta Making Party

Così ho scelto di mettermi sotto e di studiare per diventare un bravo cuoco. Invitavo delle persone a questi Pasta Making Party e andavamo tutti in un loft a Soho in cui cucinavamo, mangiavamo e bevevamo vino tutti insieme. Nel mio mini appartamento facevo tutti i sughi e le preparazioni e poi portavo tutta la roba in dei pesanti scatoloni con il taxi“.

Durante il lockdown, l’attività si è trasformata, assumendo una piega virtuale: “organizzavamo da remoto delle classi in cui insegnavo a fare la pasta, i sughi e il resto a pagamento. Si collegavano da ogni parte del mondo e noi mandavamo i kit con tutti gli ingredienti anche in India, Russia e Giappone. In quel periodo facevo anche 110 classi in 10 giorni, ammazzandomi di lavoro e perdendo quasi del tutto la voce“.

La Cucina come forma espressiva

Secondo Andrea, cucinare significa avere un linguaggio attraverso cui esprimersi. “La cucina mi ha salvato” dice. “Senza di lei sarei stato probabilmente depresso e non avrei trovato la forza di andare avanti dopo l’addio alla musica. Cucinare per gli altri e vedere le persone felici per qualcosa che preparo io è una soddisfazione impagabile che mi emoziona ancora come il primo giorno.

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