“A Family Affair” o figlio di buona donna?

Il titolo controverso per un film che, ne siamo certi, si poteva evitare.

"A Family Affair" o figlio di buona donna?"A Family Affair" o figlio di buona donna?
La cine-cologa

Non si chiamava così A Family Affair di Richard LaGravenese ma, secondo quanto rivelato dagli attori protagonisti, Motherf***r, ossia figlio di… una buona donna. Senza fermarci in quisquiglie sul perché e per come, diciamo subito che nel film Netflix ci sono nomi importanti: Zac Efron, Nicole Kidman e Kathy Bates sembrano annunciare qualcosa di grande… e invece no. No e poi no. Siamo di fronte alla solita commedia romantica che, in fin dei conti, si diverte a distruggere il romanticismo con battute fuori luogo e paradossi paradossali? Ma certo che sì. A Family Affair è un allegro connubio di incontri-scontri in cui, alla fine di tutto, chissenefrega vogliamoci bene e andiamo in pace. Insomma, una messa senza premessa. Ma vediamo insieme come mai se A Family Affair non è figlio di buona donna è sicuramente figlio dei cliché.

È Zac Efron a interpretare Chris Cole o Chris Cole a interpretare Zac Efron?

Visto che non c’è granché da dire di esaltante possiamo almeno tentare di porci una domanda complessa: è Zac Efron a dare vita a Chris Cole o è Chris Cole a dare vita a Zac Efron? No, sul serio, questa faccenda di parlare di trovate geniali quando una star di Hollywood interpreta a sua volta una star di Hollywood nel film deve finire. Sì, perché A Family Affair comincia così, con una serie di spezzoni dei successi di Zac Efron per introdurre Chris Cole come protagonista e super star. E cosa ne pensa il regista Richard LaGravenese? Beh, ma che sia stata una trovata geniale e necessaria. Certo, perché se non si usavano gli spezzoni di interviste e copertine di Zac Efron lo spettatore non lo capiva mica che Chris Cole era una celebrità di Hollywood. Il fatto che avesse una mega villa, fosse un attore acclamato, con assistenti di tutti i tipi pure quelli per fare pipì, non erano elementi sufficienti per caratterizzare il personaggio.

Passando oltre, Chris Cole è ricco e famoso ma anche presuntuoso ed egoista, oltre che apparire, per lo meno all’inizio del film, come un quasi demente che pone domande che vanno da cose fuori luogo a cose fuori dall’universo, come: “Porta un caffè latte. Con latte di mucca. Di mucca vera, chiaro? Lo producono ancora, giusto? O l’hanno vietato?” In più tratta malissimo la sua assistente, Zara, interpretata da Joey King, alla quale chiede di fare cose al limite dello schiavismo finché lei non si licenzia, lui la ri-licenzia, lei si ri-licenzia e lui vuole riassumerla. Va a casa sua e anche se Zara non c’è, c’è la sua mamma gnocca, Brooke, interpretata da Nicole Kidman e quindi tutto-a-posto. Lui vuole parlare con Zara e quindi chiede di aspettare in casa. Lei, super ospitale, offre patatine e superalcolici di benvenuto. E quindi? Nonostante i sedici anni di differenza tra i due, l’amore nasce quasi subito tra una tequila e l’altra. Solo che Zara torna a casa e li trova a letto insieme. E da lì, pata-track.

Orecchini di separazione

Zara è insofferente: non sopporta che sua madre e il suo capo-egoista (e a tratti tardo) stiano insieme. Poco conta che sua madre sia felice dopo undici anni, da quando suo padre è morto. Per Zara niente conta e così fa di tutto per maledire l’unione. Troppe volte Zara ha visto Chris lasciare le sue donne con degli anelli di diamanti. Eh sì, invece che mettere fine alla relazione, punto, Chris invitava ogni ex a pranzo e poi, bam, gli regalava dei meravigliosi orecchini e metteva fine al loro rapporto. Insomma Zara non vuole che Chris colpisca ancora, come un moderno Sauron de Il Signore degli Anelli, versione trash: “Un orecchino per trovarli, un orecchino per domarli, un orecchino per lasciarli e a f****o poi mandarli”.

Solo che anche Kathy Bates, che interpreta la nonna di Zara, suocera di Brooke e quindi madre del defunto ex marito, ha perso la grinta che la contraddistingueva in Misery e tifa per la nuova coppia nascente. Quindi non lega più gli scrittori a letto per fracassargli le gambe ma ne partorisce uno e diventa grande amica e seconda madre per l’altra, ossia Brooke. Non più vuole decidere lei delle sorti degli altri ma, anzi, spinge perché il destino faccia il suo corso. Insomma, nonna Bates alla fine convince Zara a dare a Chris una chance. E tutto sembra andare per il meglio non fosse che… Zara scopre “gli orecchini del potere” di Chris-Sauron nella sua borsa: saranno mica lì pronti per scaricare sua madre? Allora, niente, grandi scenate, grande tristezza, grandi separazioni. Brooke e Chris che si amavano tanto si lasciano subito. Zara se ne va di casa. Nonna Bates continua a farsi gli affari suoi a casa sua perché, in fin dei conti, ma chissenefrega e tutto va per il peggio. Ma proprio quando la depressione incipiente incombe per questa fulminea scappatella che Richard LaGravenese ha cercato di mascherare da storia d’amore stile Titanic, arriva l’ideona geniale e finalmente il colpo di scena che aspettavamo per porre fine alla visione del film.

Supermercati super-romantici

Fare la spesa è un gesto così comune, frequente se non quotidiano, al quale tutti siamo più che abituati. Fare la spesa vuol dire tante cose: file alle casse, file al banco del pane, degli affettati, del pesce… fila pure per mettersi in fila. Per Chris Cole, però, che nel frattempo è diventato meno scemo dall’inizio della seconda metà del film, fare la spesa è un gesto di cui non può godere. Il buon Richard LaGravenese tenta, a questo punto, di creare una connessione tra il personaggio e gli spettatori cercando di indurre pena per il protagonista… ed ampatia.

Eh sì… povero, povero Chris Cole, che nella sua mega villa con un sacco di soldi e mille assistenti per tutto e mille mila privilegi, non può fare la spesa senza che le persone lo fermino per chiedere un autografo. Cosa che capitano a tutti, no? Come non empatizzare con il personaggio? A ogni modo tanto profondo è il dolore di Chris per i supermercati e tanta la mancanza delle file alla cassa che fare la spesa diventa l’occasione perfetta per un colpo di scena. Sì, perché Zara, dopo che un po’ tutti le dicono che insomma la vita sentimentale di sua madre non sarebbero propriamente affari suoi, decide che, va bene, hanno tutti ragione. Da super indignata diventa super mortificata e organizza un incontro tra mamma e capo. Nonna Bates, che per un po’ non si era vista, ritorna solo per partecipare al piano ingegnosissimo che nemmeno James Bond avrebbe mai potuto partorire.

Nonna Bates porta Brooke al supermercato e le chiede di comprarle della frutta; Zara porta Chris al supermercato nel reparto frutta e… indovinate un po’? Ma è tutto subito amore, di nuovo. E così finisce l’estenuante visione con fritto misto di cliché di A Family Affair, mentre così, tanto per aggiungere qualche minuto al lungometraggio, Zara fa la regista e fa partire una pioggerellina nel reparto frutta e poi (non sappiamo come ma ci stava bene) pure il rombo di un tuono che fa tanto film. Chris e Cole si baciano sulla scia di una promessa d’amore oltre ogni afflizione, ogni pregiudizio, ogni universo, spazio e multiverso: “facciamo la spesa insieme”. E via i titoli di coda. A questo punto abbiamo capito almeno una cosa, ossia che il vero problema del film non era il titolo iniziale da censurare ma piuttosto il perché farlo. No, davvero, perché? Certo è che non faremo mai più la spesa come prima.

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