Tananai si appresta per la prima volta ad affrontare un tour all’estero, e in un’intervista con il Corriere della Sera si racconta, parlando del suo passato, di musica, della sua generazione.
Le ansie di una generazione
Il cantante sottolinea che ciò che ricerca ultimamente è “la serenità e paradossalmente trovo sia raggiungibile, oggi, anche se il mondo è incasinato. La cosa importante è capire il nostro posto nel mondo e ci sono molti mezzi per farlo”. Ma perché Tananai aspira alla serenità e non alla felicità? “La felicità non la vedo come una condizione raggiungibile. Esiste come qualcosa a cui tendere, senza magari arrivarci mai, ma stando bene nel cercarla”. Il cantautore nel suo intervento all’Onu a febbraio ha invitato a non fuggire dalle proprie ombre, da quelle della sua generazione. Tra queste “sicuramente l’ansia da prestazione, il dover replicare degli standard che volente o nolente o ci vengono proposti, magari sui social. E questo è un po’ il nemico della serenità, fa dimenticare che le cose che ci fanno stare bene si fanno in primis per se stessi, non per dimostrare che si è qualcosa. Poi c’è l’incertezza del futuro, nel mondo del lavoro, nella società, nel pensare che possano esplodere altre guerre o pandemie. Sono schiaffi in faccia pesante”.
Non esistono superumani
A Tananai l’intervistatore fa notare che “tre anni fa, dopo l’ultimo posto a Sanremo, lei ha rovesciato la sua sorte”, e il cantante risponde: “Non bisogna idealizzare una persona nemmeno in questo caso. È stato merito mio fino ad un certo punto e molto delle persone che mi sono state vicine: se non ci fossero stati i miei amici, la mia ragazza e la mia famiglia in quei giorni, non son sicuro che sarei riuscito a ribaltarla. Non voglio si pensi che esistono superumani”. E se non fosse andata dritta, che cosa avrebbe fatto? “Di sicuro avrei continuato a fare musica perché è la cosa che mi fa stare bene e in cui ritrovo un senso di esistere”.