Steven Soderbergh ha le idee piuttosto chiare sulle scene di sesso nei film: “sono ridicole”. Il regista, noto per la trilogia di Ocean’s e pellicole di successo come Erin Brocovich e Traffic, ha di recente spiegato il suo punto di vista alla tavola rotonda del festival cinematografico di Karlovy Vary. Steven Soderbergh ha anche parlato di Hollywood, di come “tutti sono terrorizzati da tutto” e dell’Intelligenza Artificiale.
Confondere la sessualità con l’amore
In riferimento alle reazioni di chi in Out of Sight si sorprende per scene di sesso molto credibili, Steven Soderbergh risponde: “Credo che confondano la sessualità fisica con l’amore e il romanticismo. E pensano, ‘Oh, se stai facendo un film sexy, deve esserci del sesso’. Io rispondo, ‘No’. Sappiamo tutti come funziona quella parte, ciò che è diverso in ogni caso è tutto ciò che ha portato a quello e tutto ciò che viene dopo”. Poi il regista ha spiegato: “È lì che emergono la tua esperienza e i tuoi problemi individuali. Parte del punto potrebbe essere che hai due persone che mentre sono impegnate nel sesso, sono in grado di sfuggire alle loro vite in un modo che trovano molto inebriante. E si scopre che il problema è cosa succede quando non stanno facendo sesso. È un approccio interessante a qualcosa”. E aggiunge: “Quindi penso che sia solo un’interpretazione molto superficiale di cosa sia l’amore, di cosa sia una relazione”. Steven Soderbergh paragona poi le scene di sesso a quelle subacquee: “Odio le sequenze subacquee. Penso che siano noiose da morire, nessuno fa bella figura in una sequenza subacquea. È lenta. La penso allo stesso modo per le vere scene di sesso”. Sottolinea inoltre come i tempi siano cambiati: “Quando ero piccolo, se eri una persona eccitata da quella roba, i film erano uno dei posti in cui potevi vederlo potenzialmente. Non è più così. Se vuoi guardare delle persone che fanno sesso, ti basta prendere il telefono”.
La paura di Hollywood e l’IA
Sull’atmosfera che si respira a Hollywood Steven Soderbergh non usa mezzi termini: “Tutti sono terrorizzati da tutto. Siamo nel mezzo di una correzione che era inevitabile. È stato il Far West per un po’, dal 2010 al 2020, dove sembrava che le società di streaming emergessero, e si facessero un sacco di m***a, e le persone venivano pagate troppo. Ero consapevole mentre stava accadendo, e ne stavo approfittando. Ma pensavo, ‘Questo non è sostenibile. Non può continuare’. Quindi ho sempre saputo che ci sarebbe stata una correzione. E quindi la correzione di rotta è avvenuta, ma è stata accidentata e litigiosa”, spiega riferendosi al periodo della pandemia e degli scioperi. “E quindi ora le persone penso siano molto ansiose”. Poi, sull’intelligenza artificiale: “Non ho paura dell’IA. Non la vedo come una minaccia. Penso che sia uno strumento interessante”, ci tiene a precisare. “Ma non può sostituire, in ultima analisi, le persone in un modo che sia minaccioso”. Il regista ritiene che non sarebbe possibile sostituire tutto il lavoro umano con l’IA, anche perché il pubblico ne sarebbe consapevole e la sua reazione non sarebbe positiva. “Il pubblico, penso, a un livello di base non abbraccerà mai un film completamente generato dall’IA perché lo sente come una minaccia. Si sente come se l’esperienza umana fosse stata dirottata dalla tecnologia”.