Elisabetta Franchi condannata per “frasi discriminatorie”

L'azienda della stilista dovrà promuovere corsi di formazione obbligatori.

Elisabetta Franchi condannata per le frasi ‘discriminatorie’Elisabetta Franchi condannata per le frasi ‘discriminatorie’
Attualità e Cronaca

Elisabetta Franchi condannata dal Tribunale del Lavoro di Busto Arstizio a una multa di 5000 euro per le sue dichiarazioni “discriminatorie” del 2022. Come riporta La Repubblica, l’Associazione nazionale Lotta alle Discriminazioni aveva denunciato l’imprenditrice per le frasi “shock pronunciate dall’imprenditrice durante l’evento Donne e Moda il 4 maggio 2022 a Milano”, a cui avevano assistito, oltre al pubblico presente, anche gli utenti collegati su Facebook e YouTube (furono 498mila le visualizzazioni).

Abbandono dei pregiudizi

La giudice Francesca La Russa ha riconosciuto il carattere discriminatorio delle sue esternazioni ordinando a Elisabetta Franchi di promuovere il piano di formazione aziendale che dovrà farle abbandonare ogni pregiudizio. La sua società Betty Blue spa dovrà infatti “promuovere un consapevole abbandono dei pregiudizi di età, genere, carichi e impegni familiari nelle fasi di selezione del personale per le posizioni di vertice con adozione, entro 6 mesi, di un piano di formazione aziendale sulle politiche discriminatorie che preveda la realizzazione di corsi annuali”.

Il commento dei legali

Nel ricorso promosso dagli avvocati Silvia Conti, Carlo de Marchis e Carlo Cavalieri per conto dell’associazione ANloD, si spiega che quelle affermazioni “immediatamente stigmatizzate dal ministro del lavoro, dalla ministra per la famiglia e le pari opportunità e da tutte le forze sociali” erano contraddistinte da una discriminazione “del tutto evidente”, capace di minare i “minimali principi di dignità sociale”, palesando un atteggiamento oggettivo di penalizzazione multipla di fattori protetti nella “fase di selezione”: “La condizione della donna, relegata a ruoli aziendali subalterni fino agli ‘anta’ integra infatti un pregiudizio anagrafico che penalizza irragionevolmente la lavoratrice e risulta inaccettabile in una società moderna che valorizza il lavoro femminile”.

Fonte: La Repubblica

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