In una recente intervista a Rolling Stone, Amadeus parla della sua carriera, delle sue scelte e dell’importanza di riconoscere la trap come musica, senza emarginarla. Sulla scia delle considerazioni contenute nella sua autobiografia, Ama, edita da Piemme, il conduttore parla dell’importanza delle proprie scelte ma anche la forza che deriva dall’avere un obiettivo, come un superpotere. Il suo? Il microfono.
La musica trap
Amadeus non nasconde di aver sempre seguito il suo gusto personale nella scelta dei brani per Sanremo: “Me ne sono sempre abbastanza fregato se qualcuno era divisivo o meno. Ascolto questa musica, seguo Baby e Simba, conosco le loro storie, capisco anche le cose giuste o sbagliate che possono aver fatto, ma ritengo che siano degli artisti. E che siano dei talenti musicali amatissimi dai giovani”. Poi parla del fenomeno della musica trap, difendendo il genere, spiegando come non sia corretto emarginarla: “È un fenomeno musicale che ha un grande successo tra i ragazzi. Non è paragonabile minimamente ad altri generi, tipo a quello che canta Bocelli, ma non puoi dire che non è musica ed emarginarla, negandole un palco importante e tenendola così nelle cantine, nei ghetti. La stessa cosa vale per il rap, è un modo per protestare contro qualcuno o qualcosa. E così deve rimanere”.
Il superpotere
Amadeus parla degli anni Ottanta e Novanta, di quando i sogni guidavano le scelte dei giovani. In quel periodo “c’era un sogno che partiva dalla provincia per realizzarsi in città: cantanti che iniziavano nelle balere di paese, conduttori radiofonici che facevano gavetta nelle radio locali, tutti con l’obiettivo di vivere del loro lavoro e realizzarsi”. Da ragazzino si descrive timido, portava sempre gli occhiali e la cosa gli creava disagio nel momento in cui doveva giocare a pallone e le lenti a contatto non esistevano.
“Allora per vincere questa inadeguatezza si va alla ricerca di qualcosa che ti appassioni e ti renda speciale, che ti porti le attenzioni dagli amici e dalle ragazze che altrimenti non avresti ricevuto. E quando magicamente la trovi – suonando uno strumento o parlando alla radio, cantando una canzone o giocando a tennis – è come indossare un vestito da supereroe. Nella vita di tutti i giorni sei Clark Kent, una persona normale anzi a volte un po’ goffa e inadeguata, e poi quando sali sul paco e indossi il costume sei Superman”. E il suo superpotere, spiega, “è sempre stato il microfono, o in radio o davanti a una telecamera”.