Trent’anni dopo la prima candidatura per Ghost, Demi Moore torna a concorrere come Miglior attrice protagonista ai Golden Globe grazie con il body horror The Substance di Coralie Fargeat. L’attrice hollywoodiana ha rivelato che prima di questo ruolo pensava che la sua carriera fosse finita.
Un messaggio per tutte le donne
“Vincere questo premio significherebbe molto per me“, ha spiegato l’attrice all’Adnkronos, sottolineando che prima di The Substance “pensavo che la mia carriera fosse finita. Ora ho capito che forse è questa la mia strada: essere al servizio del cinema per dare qualcosa agli altri. Inoltre sarebbe importante per il messaggio che dà questo film e farebbe una grande differenza per tutte le donne“. L’attrice ha spiegato ancora che The Substance è stata per lei “un dono. Non solo ho imparato ad accettarmi di più, ma ho anche guadagnato un senso di liberazione perché questo film mi ha portato in un luogo vulnerabile e crudo, ho mostrato davvero tutta me stessa dal punto di vista fisico ed emotivo. Ci sono aspetti che non vorresti che tutti vedano perché subentra la paura di essere giudicato“.
La visione delle donne
Demi Moore racconta che “rispetto a quando avevo quarant’anni ci sono molti più ruoli per le attrici over cinquanta o over sessanta ma la cosa più importante per me è vedere come le donne stiano cambiando il loro modo di vedere se stesse. Il condizionamento sociale deriva da ciò in cui abbiamo sempre creduto, da ciò che abbiamo accettato come un dato di fatto, ma questo non lo rende una verità“. L’attrice pensa che Hollywood e la società in generale “non siano state più dure con me rispetto a come lo sono stata io. All’età di venti-trenta anni sono arrivata al limite della crudeltà verso me stessa. Il confronto con gli altri porta alla disperazione perché pensi ‘non sono questo’ o ‘non sono quello’“. E conclude: “La bellezza di ‘The Substance’ è il suo messaggio: non c’è nessun altro migliore di te, ed è questo a renderti interessante. Se fossimo tutti uguali, le nostre sfumature sarebbero superflue“.