“Monsters”: il vero Erik Menéndez critica la serie

“Vili e terribili ritratti di Lyle e di me e avvilenti calunnie”.

“Monsters”: il vero Erik Menéndez critica la serie“Monsters”: il vero Erik Menéndez critica la serie
Serie TV e Film

La serie Netflix firmata di Ryan MurphyMonsters: La storia di Lyle ed Erik Menéndez, è diventata bersaglio delle polemiche del vero Erik Menéndez. Il più piccolo della coppia di fratelli criminali accusa la serie di aver distorto la realtà solo per ottenere l’effetto sensazionalistico sul pubblico.

La polemica

La polemica sarebbe nata da un account Twitter che apparterrebbe alla moglie di Erik Menéndez e dal quale quest’ultimo avrebbe scritto. “Credevo che avessimo superato le bugie e le rovinose rappresentazioni del personaggio di Lyle, creando una caricatura di Lyle radicata nelle orribili e palesi bugie che dilagano nello show. Posso solo credere che siano state fatte di proposito. È con il cuore pesante che dico che credo che Ryan Murphy non possa essere così ingenuo e impreciso sui fatti della nostra vita da fare questo senza cattive intenzioni”, si legge. E ancora: “Mi rattrista sapere che la rappresentazione disonesta di Netflix delle tragedie che circondano il nostro crimine ha fatto fare alla verità dolorosa diversi passi indietro – indietro nel tempo fino a un’epoca in cui l’accusa ha costruito una narrazione su un sistema di credenze secondo cui i maschi non venivano abusati sessualmente e che gli uomini vivevano il trauma dello stupro in modo diverso dalle donne. Murphy ha dato forma alla sua orribile narrazione attraverso vili e terribili ritratti di Lyle e di me e avvilenti calunnie”.

La sera del 20 agosto del 1989 José Menéndez e sua moglie Mary Louise, detta Kitty, vennero assassinati a colpi di fucile mentre sedevano tranquillamente davanti alla tv nel salotto della loro villa di Beverly Hills a Los Angeles. La coppia aveva due figli, Joseph Lyle Menéndez di ventun anni e suo fratello Erik Galen di diciannove. Sono stati i ragazzi stessi ad allertare le autorità, dichiarando di essere stati fuori casa al momento del delitto, in particolare al cinema, a vedere Batman di Tim Burton. La polizia non sospettava ancora di loro, tanto che non vennero neanche sottoposti al test del guanto di paraffina per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo.

La cronaca dietro la serie TV

Solo nei mesi successivi Lyle ed Erik attirarono l’attenzione degli investigatori a causa delle loro spese folli. Il maggiore acquistò un ristorante a Princeton, nel New Yersey, il Chuck’s Spring Street Cafe, oltre a un Rolex e una Porche Carrera. Insieme si diedero a viaggi extra lusso a Londra e ai Caraibi, e acquistarono due nuovi appartamenti adiacenti a Marina del Rey, lasciando la villa di famiglia disabitata. Nel frattempo Erik ingaggiò un istruttore privato e riprese così la sua carriera come tennista, grazie ad una serie di tornei in Israele. Secondo gli inquirenti, in pochi mesi avrebbero speso oltre 700.000 dollari, fatto che li indusse a spostare la propria attenzione sui Fratelli Menéndez, dopo che la pista di un regolamento di conti di stampo mafioso si era rivelata infruttuosa.

Lyle e Erik verranno inchiodati solo successivamente. Erik, infatti, aveva confessato l’omicidio dei loro genitori al suo psicoterapeuta, Jerome Oziel. L’uomo era legato alla segretaria del suo studio da una relazione sentimentale, e fu proprio la donna, di nome Judalon Smyth, furente dopo essere stata lasciata, a consegnare alla polizia i nastri con la confessione di Menéndez. Lyle fu così arrestato il 20 marzo del 1990, mentre suo fratello si costituì spontaneamente tre giorni dopo, al suo rientro da una partita in Israele. Solo allora i ragazzi rivelarono la sconvolgente causa di quel gesto violento: il padre li avrebbe sottoposti fin da piccoli a molestie e violenze sessuali, mentre la madre, alcolizzata e dipendente da droghe pesanti, avrebbe ignorato se non addirittura incoraggiato questi crimini. I ragazzi confessarono anche di aver deliberatamente sparato con i loro fucili alle rotule dei genitori per simulare le modalità di una esecuzione mafiosa.

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