Maria Sofia Federico celebra il suo personale 8 marzo con un appello accorato dal suo profilo Instagram, attaccando frontalmente chi ritiene che il lavoro nell’industria del porno sia degradante e sia vissuto sempre come un’imposizione.
“Siamo tutti i solidali l’8 marzo fino a che non si parla di put*ane. L’Italia intera si è preoccupata che una ragazzina – cioè io – fosse stata plagiata per arrivare a fare porno subito compiuti i 18 anni. Ma perché, invece, nessuno si preoccupa di tutte le altre persone che non lo fanno? Loro sono libere o sono anch’esse plagiate dalla sessuofobia? Una componente importante è il giudizio. Tipo quello della gente che ha affermato fossi impazzita e automaticamente ha trovato una scusa per invalidare ogni mia altra battaglia. Un’altra è direttamente la violenza della famiglia, che ti rinnega ti caccia fuori di casa: o del datore di lavoro che ti licenzia. La cosa che mi fa più rabbia è che le persone mi rinfacciano che prima volevo cambiare il mondo, non rendendosi conto che tutte queste cose sono da risolvere per rendere il mondo un posto migliore. E che non esiste problema peggiore di quello che la società pensa non sia nemmeno un problema, semplicemente perché è troppo ‘invisibilizzato’ e normalizzato. Quindi, in questa giornata di lotta, siamo femministe per davvero e non combattiamo solo le battaglie che ci fanno comodo, ignorando le altre voci”.
Maria Sofia Federico continua il suo 8 marzo difendendo il sex work non solo come una normale attività lavorativa, ma come una vera e propria forma d’arte che va considerata come tale: “Il sex work in tutte le sue declinazioni è UNA FORMA ESPRESSIVA, che come ogni ARTE è una cosa di cui molt* di noi HANNO BISOGNO per rappresentare, scoprire e vivere una parte della propria interiorità, in questo caso quella più rinnegata e avvolta dai tabù, cioè la sessualità. Le lotte devono essere collettive e intersecarsi, quindi spero che prendere posizione su questo tema raccontando la mia vicenda personale possa aiutare più soggettività”.
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