Max Pezzali: “Sono stato uno sfigato di proporzioni monumentali”

“Supermiope, venivo emarginato perché ero il quattrocchi in vetrina”.

Max Pezzali: “Sono stato uno sfigato di proporzioni monumentali”Max Pezzali: “Sono stato uno sfigato di proporzioni monumentali”
Protagonisti

Max Pezzali si racconta sul numero di Vanity Fair, disponibile in edicola dal 31 gennaio. Il cantante parla del periodo prima del successo, dell’evoluzione da “sfigato di proporzioni monumentali” agli 883. Sulla scia del successo della serie Sky Hanno ucciso l’uomo ragno, il racconto di un passato di difficile integrazione per arrivare, poi, alla notorietà inaspettata.

Sfigato di proporzioni monumentali

“Sono stato uno sfigato di proporzioni abbastanza monumentali fino al 1982-1983, il classico nerd ma forse no”. Max Pezzali ricorda le difficoltà ad integrarsi in un periodo in cui veniva preso di mira per il suo aspetto. “Supermiope, venivo proprio emarginato perché ero il quattrocchi in vetrina, il ragionier Filini della classe. Adesso è di moda raccontarlo, all’epoca ero ostracizzato e basta. Sono cresciuto un po’ più tardi degli altri: loro uscivano e io ancora stavo lì a giocare, che ne so, con i pupazzetti.

Finché, a un certo punto, ho spostato la mia attenzione sulla musica, su un genere un po’ ostico per sentirmi culturalmente diverso e non semplicemente escluso: l’heavy metal degli Iron Maiden e dei Saxon”. Poi l’evoluzione e il successo: “Già il terzo album mi sembrava un miracolo. Non ho una voce della madonna, nemmeno una fisicità strepitosa e non potevo ambire a diventare uno showman che canta recita e balla. Credevo in un futuro breve ma eroico, consapevole della caducità del pop”.

Nessuno è di nessuno

“Sono uno di quei genitori che gli educatori non approvano: faccio l’amico. Poco rigore, poca autorevolezza”, spiega. “Per fortuna mio figlio mi compensa: è ligio, preciso, osserva le regole, mai successo di doverlo svegliare per andare a scuola… Forse anche per la discalculia che gli è stata diagnosticata di recente, è proprio mentalmente disciplinato”. Poi parla dell’importanza di non alimentare il sentimento di possesso nei confronti degli altri e del modo in cui cerca di insegnarlo a suo figlio. “Gli ho spiegato che non esiste il possesso, che nessuno è di nessuno. Insisto molto sul fatto che non deve arrivare a pensare: ‘Non posso vivere senza quella persona’. Voglio tenerlo lontano dalle espressioni e dagli atteggiamenti assoluti”. E ancora: “Per esempio, la formula del matrimonio ‘finché morte non ci separi’ non ha più senso: non è un fallimento se non si sta insieme per sempre. Hanno cambiato il Padre nostro, potrebbero cambiare pure quella”

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