Femminicidio: 105 donne uccise in Italia nel 2023

La tragica vicenda di Giulia Cecchettin è solo l'ultimo anello in una catena di sangue.

Femminicidio: 105 donne uccise dall'inizio del 2023 in ItaliaFemminicidio: 105 donne uccise dall'inizio del 2023 in Italia
Attualità e Cronaca

La morte di Giulia Cecchettin ha sconvolto il Paese, ma rischia di trasformarsi presto in pura statistica. Secondo il Ministero dell’Interno, da inizio anno sono stati commessi 285 omicidi in Italia e in 105 casi le vittime erano donne. Di questi, ben 83 sono maturati in contesti familiari e 54 sono stati commessi da partner (marito o fidanzato) o ex partner, spesso in seguito a rotture e separazioni. Il classico caso di femminicidio, insomma.

Quindi, perché la morte della povera Giulia rischia di trasformarsi in pura statistica? Perché osservando soli i dati si potrebbe trarre l’ingannevole conclusione che tutto sommato le cose non vanno così male, dato che l’Italia è statisticamente ben al di sotto della media mondiale ed europea come numero complessivo di delitti e di femminicidi. Si potrebbe addirittura pensare che l’Italia sia un paese sostanzialmente sicuro per le donne, certamente più sicuro di altri, e che una certa percentuale di delitti, stupri e molestie sia “fisiologica” e non ulteriormente comprimibile, derubricando il problema a una mera questione di ordine pubblico e repressione del fatto compiuto.

La questione, però, è più ampia e non solo perché ogni singola tragedia è una tragedia di troppo, ma perché investe il nostro modo di concepire le relazioni e i rapporti umani, intossicati da una cultura del machismo e da un senso del possesso che diventa morbosa ossessione. Il caso della sfortunata Giulia Cecchettin ha seguito un copione fin troppo abituale: una relazione interrotta da lei, per sua autonoma decisione, e lui che non accetta ala sua scelta. “O mia o di nessun altro”, secondo il triste decalogo della follia maschilista.

Filippo Turetta non era un maniaco abituale, non aveva precedenti e niente lasciava presagire la tragedia, se non la radicata convinzione che le donne siano oggetti a disposizione dell’uomo e che certe decisioni debbano sempre spettare al maschio, perché altrimenti non va in gioco la propria reputazione, il proprio “onore” che è scomparso dal codice penale, ma non dal modo di pensare degli uomini. Quell’ultimo appuntamento per “chiarire le cose” è un ultimo atto già visto troppe volte, una triste ritualità che sembra essere impressa a fuoco nelle menti malati di chi si accinge a compiere tali gesti efferati.

Il punto, quindi, non è che l’Italia sia statisticamente un posto meno violento di altri per le donne, ma che il numero dei femminicidi continua a rimanere stabile e che niente sembra segnare un cambio di mentalità da parte dell’universo maschile nei confronti del femminicidio. Come se fossero scontati in una certa misura e – cosa peggiore – “prevedibili”. Sì, come se fosse una colpa della donna essersi scelta un partner possessivo e violento, uno di quelli che “si vedeva lontano un chilometro che era un bastardo, peggio per te che te lo sei preso”, concretizzando così l’ennesima colpevolizzazione delle vittime.

Il patriarcato si esprime anche in queste forme subdole. L’analfabetismo affettivo ed emozionale degli uomini viene messo in secondo piano di fronte alla tremenda responsabilità della donna di aver “scelto” il proprio carnefice. Il quale è fatto di natura così, che volete farci? Un lupo cattivo come tanti, te l’avevamo detto di stare attenta.

Ma chi commette il delitto, il femminicidio, non è la vittima ma sempre il carnefice. E ciò che ha dato forma all’orrore è il brodo do coltura che lo ha fatte sentire in qualche modo “autorizzato” a commetterlo, come se fosse un suo diritto inalienabile. Questo è il vero nemico contro cui dobbiamo combattere: l’incapacità di ammettere che tutto ciò è sbagliato non solo perché avviene, ma perché non si fa nulla per impedire che accada.

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