Duran Duran: “L’IA? Educherei le persone”

“All’epoca c’era più una spinta per creare: oggi è quasi tutto un assemblare cose già esistenti”.

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Protagonisti

I Duran Duran, in attesa del tour estivo che li vedrà tornare in Italia per le date di Roma, Bari e Milano, parlano con Vanity Fair attraverso le risposte del tastierista e cofondatore Nick Rhodes. Viene fatto il punto della questione sullo stato dell’altre e si parla di IA, per l’uso della quale è importante “educare le persone”. Su come gli anni Ottanta fossero diversi non ci sono dubbi: “All’epoca c’era più una spinta per creare: oggi è quasi tutto un assemblare cose già esistenti”. E le band stanno scomparendo, rimpiazzate da sempre più solisti.

Tanti solisti ma poche idee

Rispetto ai tempi dei Duran Duran oggi “è tutto più stagnante. Ovviamente ci sono eccezioni”, spiega Nick Rhodes. “Penso ad ‘Uptown funk’ di Bruno Mars, o a ‘Flowers’ di Miley Cyrus, una canzone pop perfetta, perché ha una melodia spiazzante e coinvolgente, oltre a tanta personalità. Mi sembra che all’epoca ci fosse più una spinta per creare: oggi è quasi tutto un assemblare cose già esistenti”. Le nuove generazioni sono differenti: “Ciascuno è figlio del suo tempo, non li critico. Oggi mi sembra si badi più alla performance e ci sia meno attenzione alle canzoni in sé. Ma preferisco citare le eccezioni positive: i Måneskin uniscono questi due aspetti e sono, credo, la cosa più interessante successa alla musica italiana negli ultimi anni”. Poi una considerazione”. E le band? “In generale, però, direi che le band stanno sparendo, sostituite dai solisti”.

IA e educazione

Nick Rhodes rispetto l’intelligenza artificiale bilancia la sua visione distinguendo gli utilizzi che se ne fanno. Non la demonizza ma “mi spaventa semmai l’uso che può farne la gente”, spiega. “Noi stessi l’abbiamo sfruttata per creare i visual del nostro tour, come strumento integrativo è un portento. E, va detto, nella medicina e in altri campi fa miracoli. Non la userò, da musicista, per creare canzoni, perché non è appagante”, promette. “Ma mi dispiace a prescindere sapere che esiste chi la vuole usare per replicare, non so, una nostra canzone, o un film di Kubrick. Tutelerei il diritto d’autore, senz’altro. E poi educherei le persone: non capisco cosa possano trovare in queste emulazioni. Ma, di nuovo, non accettarla, almeno nei suoi lati positivi, sarebbe rifiutare il presente”.

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