“Il Fabbricante Di Lacrime” di Alessandro Genovesi

Se non ti metti le cuffie senti solo a metà.

"Il Fabbricante Di Lacrime" di Alessandro Genovesi."Il Fabbricante Di Lacrime" di Alessandro Genovesi.
La cine-cologa

No, non è la pubblicità dei Fonzies: se non metti le cuffie davvero non si sente nulla. E non ci si può fare niente, proprio come con i Fonzies. Se da una parte le dita alla fine se le leccano tutti (mani pulite o no, della serie ‘tutti anticorpi’), qui le cuffie servono, comode o meno, per tradurre quelli che altrimenti diventano una serie di mugugnati sussurri. Sì, farà pure gotico, ma se qualcuno cammina per casa o respira accanto a te, ti sei perso mezzo film. Il Fabbricante di Lacrime, film di Alessandro Genovesi, comincia così, come un prodotto senza pile e cuffie. Allora avete le cuffie? No? Compratele. E vediamo un po’ quanto il film tratto dal romanzo di Erin Bloom valga la pena di una spesa simile per essere visto. Lo so, lo so, direte voi: ‘ma le cuffie non sono una spesa folle da fare’. Tuttavia il vostro tempo non ha prezzo e se nessuno vi risarcirà, avrete comunque un bel paio di cuffie da usare in futuro.

Il Fabbricante dei biglietti dei Baci Perugina

Più che lacrime, il protagonista del film sembra impregnato a fabbricare frasi pseudo-storiche da infilare nei famosi cioccolatini. Quindi, nonostante nel film tutti parlino per una serie di frasi fatte e metafore alla stregua dei biglietti più melensi di San Valentino, il nostro Rigel Wilde (il famoso Fabbricante di Lacrime) sembra non voler rendere felice nessuno. Perché? Boh. Ad ogni modo occorre partire dal principio, da quando Nica, ancora bambina, perde i suoi genitori e finisce in orfanotrofio. Il posto veniva chiamato Grave dai bambini, “perché era la tomba dell’anima”, spiega Nica stessa e, in effetti, la direttrice Margaret è la strega cattiva per eccellenza.

L’orfanatrofio-lager

Tra punizioni corporali e meschinità varie, viene decisamente da chiedersi come abbia fatto a lavorare per tanti anni senza che nessuno la spedisse in galera o l’accoppasse. Tuttavia c’è un bambino nell’orfanotrofio che si chiama Rigel e che Margaret “ama come un figlio”. Dunque, da brava mamma, non lo punisce, ma lo costringe ad assistere alle punizioni inflitte agli altri, che prevedono anche costrizioni a letto con cinghie di pelle in stanze buie. Nica dall’inizio vede Rigel come il cattivo della favola ma, invece, lui la ama. E perché lei pensa sia il cattivo? Perché lui le dice di stare lontana, la chiama “falena” perché ha il nome di una farfalla e, appena arrivata, su ordine di Margaret, le strappa via la collanina che ha al collo, ultimo ricordo di sua madre. Non proprio simpaticissimo.

Un bel giorno arrivano i diciassette anni di Nica che viene adottata con Rigel (perché adottare un bambino quando puoi prenderti in casa una coppia di adolescenti turbati psicologicamente e già problematici come ex galeotti? Ndr). Rigel, è da precisare, lo volevano adottare sempre tutti (almeno a parole): era un bel bambino che suonava il pianoforte come un musicista. Però lui non si era mai lasciato adottare per restare con Nica. Insomma, desiderio esaudito, finiscono in una famiglia insieme. “Mal comune mezzo gaudio”, “si stava meglio quando si stava peggio e “se son rose fioriranno”, sono le espressioni che accompagnano tra le righe tutta la vicenda… fino a qui? Macché, fino alla fine.

Dopo gli audio-libro, il video-libro

Questi ragazzi protagonisti indiscussi de Il Fabbricante di Lacrime, parlano proprio come un libro stampato. C’è chi potrebbe sentirsi un po’ a disagio a non ritrovarsi nei modi di fare di questi personaggi, ma tranquilli, c’è una ragione per tutto. Semplicemente siamo di fronte a una nuova mirabolante operazione: se un libro si può trasformare in una traccia da ascoltare, si può anche trasformare in un video da vedere. E così nasce il video-libro, dove la sceneggiatura diventa un’astuta selezione di frasi ed espressioni che in un capitolo possono star bene. E in un film? Da qui il video-libro. Non vi convince? Allora ragioniamo: direste mai qualcosa del tipo “continui a illuderti, a credere nella favola. Ma noi siamo rotti, siamo scheggiati”, per sentirvi rispondere, “forse ci siamo spaccati in mille pezzi solo per incastrarci meglio”? Sì? Davvero? Beh, dovete immaginare queste parole pronunciate come si fa con le poesie di Leopardi a Natale o le poesie di chi volete voi. Il Fabbricante di Lacrime fa della sceneggiatura un dettaglio superfluo e mette tutto in prosa, aprendo alla nuova frontiera del cine-libro, video-libro, libro-sceneggiato. Super. Ma in tutta questa meraviglia di novità, cosa succede?

Se le lacrime sono salate, lo è anche il prezzo

Eravamo rimasti al punto in cui Nica e Rigel vengono adottati insieme. Il fatto è che lui ama lei, lei ama lui ma lui non vuole che lei capisca che l’ama e lei non capisce che lui l’ama né di amarlo lei. In questo ginepraio di emozioni ridondanti c’è anche il fatto che un certo Lionel a scuola prende una cotta per Nica e ci prende pure un sacco di mazzate da Rigel, che è geloso perché l’ama e non vuole che lei lo sappia. Ma perché Rigel non vuole che Nica conosca il suo amore? Perché non si dichiara e si limita a fare cose carine e romantiche alle sue spalle? Non si capisce né si capirà mai, finché non si realizza il valore della metafora: lui è il Fabbricante di Lacrime (ad averci pensato prima!); quindi porta lacrime agli altri. Una volta si chiamavano semplicemente rompicoglioni oppure gente tossica che è meglio starci alla larga, ma i tempi cambiano e anche le lacrime sono diventate un prodotto difficile da trovare in offerta speciale.

Nica non può essere semplicemente felice con lui; e lui che Fabbricante di lacrime sarebbe se non facesse piangere? Ne varrebbe della sua reputazione e chiuderebbe bottega. Ma poi quanto costano queste lacrime? Nel caso di Nica e Rigel il prezzo è alto: si amano ma a breve saranno ufficialmente adottati diventando fratello e sorella e quindi a rischio d’incesto (nella fantasia perturbata dell’autrice Erin Bloom). Lionel non vede bene la cosa, si arrabbia, prova a metterli sotto con la macchina e niente… Nica si salva perché Rigel le fa scudo col suo corpo, ma lui finisce in coma. Rigel, quindi, torna un’altra volta torna sotto la custodia di Margaret perché rifiuta l’adozione per evitare l’incesto e garantire vita felice a Nica. Margaret, quando Rigel è in coma, non permette a Nica di vederlo. Alla fine Nica denuncia Margaret (alias la strega cattiva) insieme agli altri orfani del Grave. Cosa succede a questo punto?

La strega cattiva e il bello addormentato

Il processo si svolge in un clima completamente avulso dalla realtà, dove Nica, chiamata a testimoniare contro Margaret, fa avanti e indietro dall’aula senza che nessun giudice la fermi. Di più: a domanda, Nica non risponde con risposta ma con una serie di frasi video-libristiche di cui si coglie alla fine il messaggio, chiaro ma non pertinente, che l’amore è coraggio. Detto ciò Nica corre via, senza né ahbah da parte di giudice, giuria e company, senza sentenza alcuna, nello scrosciare di un applauso (perché ormai il video-libro è scivolato nel teatro). Nica corre, corre, corre, corre e raggiunge l’ospedale dove, sempre senza né ahbah, attraversa tutte le sale, entra in terapia intensiva e va da Rigel. Mentre il poveretto è in coma, lei gli stringe la mano, gli dice che hanno vinto contro Margaret. Domande come: ma chi ha pronunciato la sentenza? Era un’udienza sola? Forse la prima? sono fastidiosi dettagli superflui che pretendono di far entrare la logica in quest’opificio di lacrime e dolori cinematografici.

Comunque, Nica sproloquia qualcosa sul fatto che lui è il Fabbricante di Lacrime e gli dice che l’ama. Con la strega cattiva sconfitta (ricordiamo che non ci sono sentenze) e l’amore dichiarato di Nica, Rigel, bello addormentato, si desta nel bosco tra cerbiatti e arcobalen… no, scusate. Si risveglia in ospedale e tutto bello. Fine, ma non prima di una carrellata di immagini e delle parole di Nica: “Quello era il cuore che non aveva mai avuto il coraggio di donarmi ma che, in tutto e per tutto, urlava il mio nome”. Allora Rigel non è il Fabbricante di Lacrime, ma ha un cuore che urla? Oppure fabbrica qualcos’altro che è meglio non sapere? Abbiamo un colpo di scena? Quello che sappiamo di certo è che Il Fabbricante di Lacrime è su Netflix, quindi non può entrare da solo se non lo si invita. Un po’ come con i vampiri. A voi la scelta.

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